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La Cina celebra i 120 anni dalla nascita di Deng Xiaoping, il "grande acceleratore": la Cina di oggi è figlia delle sue modernizzazioni. L'interpretazione di Xi Jinping dell'eredità denghiana.
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Io sono un giornalista, lavoro a Chora Media, conduco due podcast “Altri Orienti” e “Fuori da Qui”. Ho vissuto a lungo in Cina e in Asia, dove ho fondato China Files. Provo a raccontare cosa succede in questi luoghi con la newsletter, con i libri, con dei video su Youtube. E pure qui su Instagram.
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La Cina ha celebrato i 120 anni dalla nascita (il 22 agosto del 1904) di Deng Xiaoping. Deng prese in mano il paese alla fine del maoismo, quando la Cina era in grande difficoltà dal punto di vista economico e aveva davanti a sé lo spettro di una successione politica complicata.
Nel 1976, il peso della Rivoluzione culturale grava ancora come un macigno fatto di sfiducia e rassegnazione nella memoria della popolazione, e l’erede designato da Mao, Hua Guofeng, non pare in grado di raccogliere la sfida di un Paese che ha come prima necessità quella di modernizzarsi. Deng Xiaoping, al contrario, ha ben presente questa sfida e, dopo alterne fortune, riesce a prevalere nella giungla delle fazioni diventando leader del Partito e del Paese.
Deng Xiaoping ha fretta, proprio come aveva fretta Mao. E di Mao utilizza le stesse tecniche per rimanere al vertice, producendosi in numerose capriole politiche, facendo saltare primi ministri e segretari, decidendo per il pugno duro contro le proteste del 1989 e spingendo al massimo il piede sull’acceleratore delle riforme.
Contestualmente cercherà di ritagliarsi un posto nella storia, provando a regolamentare la sua successione per fare in modo che i passi intrapresi dalla “sua” Cina non siano messi a rischio dai leader futuri e disegnandosi come “riformista”, facendo ricadere su altri le decisioni più drammatiche, come l’utilizzo dei militari contro gli studenti in protesta, di cui viene incolpato l’allora primo ministro Li Peng, passato alla storia come «il macellaio di Tiananmen».
Sostanzialmente Deng Xiaoping deciderà non uno, bensì due suoi successori, Jiang Zemin e Hu Jintao (che arriverà al potere cinque anni dopo la sua morte), circondandosi di figure politiche ben consce del peso dell’essere stati rivoluzionari comunisti, ma che si dimostreranno capaci di fare scelte per il benessere del Paese, proprio quello che il Pcc prometteva di fare. La direzione è una, la stessa di Mao, ovvero far rialzare la Cina, e anche la guida sarà la stessa di Mao, il Partito comunista (costi quel che costi). A cambiare saranno però i metodi, le alleanze e soprattutto il mondo intorno.
La Cina inizia davvero la nuova marcia che la porterà a diventare la seconda potenza mondiale, a guerra fredda conclusa. Gli anni Ottanta, quelli delle scelte, vivranno un ambiente esterno depoliticizzato (almeno nello scontro tra capitalismo e comunismo) e teso a un economicismo che si tradurrà nell’ordine internazionale liberale a guida americana, aprendo così alla Cina la possibilità di diventare un attore cruciale nella globalizzazione.
E Deng Xiaoping e i suoi dimostreranno una grande capacità di adattamento, contribuendo a dipingere di una certa aura la “lungimiranza” dei funzionari comunisti cinesi, per molto tempo stimata – in alcuni casi anche sovrastimata – perfino dalle nostre parti. Deng, in particolare, riuscirà a ritagliarsi un posto di tutto rispetto nel pantheon del Partito, insieme a Mao (e di recente a Xi Jinping) e anche fuori dai confini cinesi, divenendo per molto tempo una specie di idolo del mondo occidentale, il leader che avrebbe aperto la Cina prima al mercato globale e poi alle riforme politiche. Riforme politiche che non sono mai state avviate, seppure all’interno di un dibattito che ha provato a ragionare anche intorno al tema della democrazia.
Deng è noto come l’artefice della fase di “aperture e riforma” della Cina. Ma oggi possiamo apprezzare il suo impegno e la sua volontà di raggiungere soprattutto un obiettivo, quello di modernizzare la Cina. Si tratta di un aspetto molto importante anche alla luce di quello che è la Cina oggi, una potenza tecnologica globale.
Deng si mette subito al lavoro: ingrana la marcia scientifica nel 1978 con un discorso che è diventato storico. Il 18 marzo 1978 partecipa alla cerimonia inaugurale del Convegno sulla scienza facendo affermazioni importanti, a cominciare dalla stessa ragione d’essere del Convegno: «Il fatto stesso che oggi stiamo tenendo questo grande raduno, senza precedenti nella storia della scienza in Cina, indica chiaramente che sono finiti per sempre i giorni in cui la Banda dei Quattro – Wang Hongwen, Zhang Chunqiao, Jiang Qing e Yao Wenyuan – poteva sabotare arbitrariamente la causa della scienza e perseguitare gli intellettuali. Mai prima d’ora l’intero Partito e il popolo si sono interessati così tanto alla scienza e alla tecnologia, prestandovi tanta attenzione. Un gran numero di scienziati, tecnici, operai, contadini e militari partecipano attivamente al movimento per l’esperimento scientifico. I giovani si interessano alla scienza e sono desiderosi di studiarla. L’intera nazione si sta unendo con enorme entusiasmo alla marcia verso la modernizzazione della nostra scienza e tecnologia. Abbiamo splendide prospettive di fronte a noi».
Questo è l’inizio del suo intervento e già si possono notare alcuni elementi che ricorreranno durante tutto il testo: lo scarto rispetto al passato, l’eliminazione della Banda dei Quattro, evento che oggi leggiamo e riteniamo normale ma che all’epoca provocò parecchio dibattito all’interno del Partito e del Paese, e il fatto che le barriere allo sviluppo scientifico della Cina non fossero da ritrovare nel “secolo delle umiliazioni”, o almeno non solo lì, ma anche nel periodo maoista. Questo testo, oltre a costituire una specie di punto di partenza per la fase successiva della scienza e della tecnologia in Cina, prepara al grande cambiamento politico e ideologico che sarebbe arrivato con la politica di “riforme e apertura”.
Deng porterà le necessità pratiche al primo posto tra le priorità, riducendo l’impatto dell’ideologia al mero controllo del Partito. Infatti, dopo l’introduzione, Deng entra nel vivo: «Il nostro popolo sta intraprendendo la missione storica di modernizzare agricoltura, industria, difesa nazionale, scienza e tecnologia entro il secolo attuale, al fine di trasformare la Cina in un moderno e potente stato socialista. Abbiamo condotto un’aspra lotta contro la Banda dei Quattro sulla necessità o meno delle quattro modernizzazioni». Deng ricorda che la Banda dei Quattro aveva bollato le modernizzazioni come «restaurazione capitalista», un sabotaggio che «ha portato l’economia cinese sull’orlo del collasso e a un costante allargamento del divario tra noi e i paesi dalla scienza e dalla tecnologia più avanzate».
Deng spiega che, al contrario, le «quattro modernizzazioni» sono un obiettivo «socialista» perché necessarie per rafforzare il Paese «e migliorare la vita materiale e culturale del nostro popolo: se non faremo tutto questo, il nostro sistema politico ed economico socialista non potrà essere pienamente consolidato e non potrà esserci alcuna garanzia certa per la sicurezza del Paese».
Le quattro modernizzazioni riguardano l’agricoltura, l’industria, la difesa nazionale (cioè il comparto militare), la scienza e la tecnologia: «solo rendendo il nostro Paese moderno – spiega Deng – potremo consolidare più efficacemente il sistema socialista e far fronte all’aggressione e alla sovversione straniera; solo allora potremo essere ragionevolmente certi di creare gradualmente le condizioni materiali per l’avanzata verso la nostra grande meta del comunismo».
Data la platea, Deng si spinge oltre, specificando che «la chiave delle quattro modernizzazioni è la modernizzazione della scienza e della tecnologia». È la somma di scienza e tecnologia a trainare con sé le altre modernizzazioni: «Il Comitato centrale del Partito – prosegue – ha deciso di convocare questa conferenza scientifica nazionale per far capire al Partito e al Paese l’importanza della scienza, per tracciare un programma, elogiare unità e individui avanzati e discutere misure per accelerare lo sviluppo di scienza e tecnologia in Cina». Arriviamo qui al punto decisivo, propedeutico ai successivi programmi che la Cina del periodo di “riforme e apertura” attuerà per portare il Paese a sviluppare un comparto scientifico e tecnologico in grado di supportare quello che a tutti gli effetti è il patto sociale proposto da Deng alla popolazione cinese: voi potrete arricchirvi, noi penseremo al resto, e abbiate fiducia perché farete parte di un Paese moderno, competitivo e in grado di difendersi da eventuali attacchi stranieri.
Con questo discorso, e con un successivo intervento del dicembre 1978, Deng traccia la sua linea e consente agli scienziati di tirare un sospiro di sollievo: se la tecnologia è un fattore produttivo, insieme alla terra, al lavoro e al capitale (Xi Jinping ai nostri giorni aggiungerà anche i Big Data a consolidare questa trazione “scientifica” della Cina, molto sottovalutata dagli osservatori internazionali), il loro compito sarà finalmente centrale e non più sottoposto al rigido controllo ideologico sofferto durante il maoismo.
Vengono poi individuati i settori sui quali, secondo Deng, la Cina si dovrà concentrare: «una serie di nuove industrie, tra cui l’energia atomica, i computer, i semiconduttori, l’astronautica e i laser, sono state fondate sulla base delle nuove scienze emergenti. Naturalmente, sia ora sia in futuro, ci saranno molte ricerche teoriche per le quali al momento non si vede alcuna applicazione pratica, ma la storia ha dimostrato che, una volta raggiunta una svolta importante, esse portano a enormi progressi nella produzione e nella tecnologia. La scienza naturale contemporanea viene applicata alla produzione su una scala e con una velocità senza precedenti. Ciò ha conferito a tutti i campi della produzione materiale un aspetto completamente nuovo».
In particolare «lo sviluppo dei computer, della cibernetica e dell’automazione sta rapidamente aumentando il grado di automazione della produzione. Con la stessa manodopera e lo stesso numero di ore-uomo, le persone possono produrre decine o centinaia di volte più prodotti rispetto a prima. Che cosa ha determinato gli enormi progressi nelle forze produttive e il vasto aumento della produttività del lavoro? Principalmente il potere della scienza, il potere della tecnologia».
Naturalmente nelle giornate delle celebrazioni (che hanno visto anche la creazione di francobolli ad hoc), Xi Jinping, tra gli altri, ha effettuato un lungo discorso (ripreso da molti media nazionali, a partire dal Quotidiano del popolo) nel quale ha detto la sua sull’eredità di Deng.
Cominciamo da un passaggio particolare che fa un raro riferimento ai fatti del 1989: Xi Jinping - lo aveva già detto in passato - approva la soluzione “militare” di Deng contro le proteste:
Il compagno Deng Xiaoping ha guidato il partito e il popolo a prendere una posizione netta contro i disordini politici e a difendere risolutamente il regime dello Stato socialista, consentendo al partito e allo Stato di resistere alle prove di venti e onde pericolose
Poi Xi ha sottolineato che “il modo migliore per commemorare il compagno Deng Xiaoping è continuare a promuovere la causa del socialismo con caratteristiche cinesi di cui è stato pioniere. Dobbiamo concentrarci fermamente sul compito centrale di promuovere la costruzione di un paese forte e il grande ringiovanimento della nazione attraverso la modernizzazione in stile cinese, basandoci sui risultati passati e impegnandoci per andare avanti. Dobbiamo aderire al mantenimento dell'integrità mentre perseguiamo l'innovazione, approfondendo ulteriormente la riforma globale e fornendo continuamente un forte slancio e garanzie istituzionali per la modernizzazione in stile cinese.
Insomma, come ha osservato Manoj Kewalramani nella sua newsletter, Xi Jinping
Sfrutta l'eredità di Deng per sostenere la centralizzazione dell'autorità e l'importanza di un “nucleo” forte. Inoltre, Xi sottolinea i contributi teorici di Deng, con una narrazione calibrata molto attentamente per evidenziare la continuità politica e collocare l'attuale direzione politica come derivante direttamente dall'approccio di Deng. Ad esempio, Xi attribuisce a Deng il merito di aver invitato il paese a intraprendere la strada della modernizzazione in stile cinese. Ma è Xi che ha definito oggi cosa comporta la modernizzazione in stile cinese. Allo stesso modo, su Tiananmen, la scelta del contenuto è studiata anche per legittimare l'attuale approccio di inasprimento politico sotto Xi. C'erano altri aspetti delle politiche post-1989, come l'allentamento del controllo economico negli anni '90 e nei primi anni 2000, che sono ignorati nelle osservazioni di Xi.
Su questi aspetti di Xi come “riformatore” c’è una newsletter ad hoc, la trovate qui sotto.
Innovazione o distribuzione
Cina e Stati Uniti si stanno confrontando, da tempo, sul piano tecnologico con approcci diversi e che talvolta sembrano rincorrersi. La svolta cinese, al terzo Plenum (vedi la newsletter “Le industrie del futuro”) ha riportato in auge il tema dell’innovazione, delle invenzioni.
A questo proposito Jeffrey Ding di recente su Foreign Affairs è intervenuto proprio su questo aspetto. Ding è è professore associato di Scienze politiche alla George Washington University e autore di Technology and the Rise of Great Powers: How Diffusion Shapes Economic Competition (Princeton University Press) uscito il 20 agosto e dal quale il saggio su FA è tratto. Scrive Ding:
Nella loro ossessione di conquistare il futuro, sia i leader cinesi che quelli americani rischiano di trascurare una verità fondamentale sulla tecnologia e la trasformazione. Si preoccupano di dominare le innovazioni tecnologiche critiche in nuove industrie in rapida crescita, credendo che l'equilibrio globale del potere economico penda verso gli stati pionieri delle innovazioni più importanti.
Ma l'innovazione ti porta solo fino a un certo punto. Senza l'umile impegno della diffusione, ovvero come le innovazioni si diffondono e vengono adottate, anche i progressi più straordinari non avranno importanza. La capacità di un paese di abbracciare le tecnologie su larga scala è particolarmente importante per tecnologie come l'elettricità e l'intelligenza artificiale, progressi fondamentali che aumentano la produttività solo dopo che molti settori dell'economia iniziano a utilizzarli. Un focus sulla diffusione della tecnologia racconta di come le rivoluzioni tecnologiche cambiano la geopolitica: importa meno quale paese introduca per primo un'innovazione importante e di più quali paesi adottino e diffondano tali innovazioni.
Ding fa un discorso un po’ provocatorio, concentrato sull’enfasi attuale sull’innovazione, sottolineando l’aspetto della distribuzione. Diciamo che sia innovazione, sia diffusione, in realtà, sono importanti :)
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