La guerra dei maiali
Un'indagine della Cina sull'importazione della carne di maiale dall'Unione europea apre nuovi punti di osservazione: sulle relazioni con l'Ue e sui consumi in Cina. Poi: Malaysia, India, Vietnam.
Set-list:
La guerra dei maiali
Altro su export-import
Asia: Malaysia e internet
Asia: il lungo gioco di Modi
Asia: il nuovo segretario del partito comunista in Vietnam
Link e altre storie notevoli
Bouns track: link olimpici
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Io sono un giornalista, lavoro a Chora Media, conduco due podcast “Altri Orienti” e “Fuori da Qui”. Ho vissuto a lungo in Cina e in Asia, dove ho fondato China Files. Provo a raccontare cosa succede in questi luoghi con la newsletter, con i libri, con dei video su Youtube. E pure qui su Instagram.
La guerra dei maiali
Nelle scorse settimane la Cina ha messo sotto indagine (ufficialmente per dumping) l’export dalla Ue della carne di maiale. C’è una cosa che a me incuriosisce sempre molto, cioè le risposte cinesi a tutta una serie di azioni che vengono compiute da Stati Uniti e Unione europea.
Ad esempio, quando l’amministrazione Trump fece partire le prime sanzioni contro la Cina, Xi Jinping si fece fotografare mentre visitava un’azienda specializzata nella lavorazione delle terre rare. Non disse una parola, bastava la foto. Come a dire: sappiamo come rispondere e questa è solo una possibilità.
Analogamente, dopo i dazi del mercato europeo sulle auto elettriche, ero molto curioso di capire come avrebbe reagito Pechino e la risposta è arrivata.
Ora, intanto: la Cina è il più grande consumatore e importatore di carne di maiale al mondo. Ma i gusti in fatto di carne della popolazione cinese stanno cominciando a cambiare. E nell’ultimo anno le importazioni cinesi di carne di maiale erano già diminuite. A questo aggiungiamo un dato: la Cina ha le “riserve” di carne di maiale e dunque sarebbe in grado di essere autosufficiente. Insomma la carne di maiale ci aiuta a capire molte cose: del mercato, delle relazioni Cina-Ue e come vedremo Cina-Russia e anche un po’ di cose della società cinese.
Vediamo i fatti: nella prima metà di luglio la Cina ha lanciato sua indagine
L'indagine ha come obiettivo la carne di maiale destinata al consumo. Svelata cinque giorni dopo che l'UE ha imposto tariffe sui veicoli elettrici cinesi il mese scorso, l'indagine dovrebbe concludersi entro il 17 giugno 2025, con una possibile estensione di sei mesi se necessario.
Un tempo abbastanza lungo, intanto.
Quali sarebbero le conseguenze? Queste:
Se la Cina alla fine dell’indagine decidesse di aumentare i dazi sulle importazioni di carne di maiale dell'UE, l'impatto sui produttori europei potrebbe essere devastante.
Solo nel 2023, l'Ue ha esportato carne di maiale e prodotti a base di carne di maiale per un valore di oltre 2,5 miliardi di euro in Cina.
Chi sono i paesi che esportano più carne di maiale in Cina? Spagna, Paesi Bassi e Danimarca. L'Ue, il secondo produttore di carne di maiale al mondo dopo la Cina, ha fornito più della metà dei circa 6 miliardi di dollari di carne di maiale importati dalla Cina lo scorso anno.
La Spagna, in particolare, è quella che sembra poterne risentire di più. Madrid ha rappresentato il 22% della carne suina importata dalla Cina nel 2023, esportando carne per un valore di 1,2 miliardi di euro. I Paesi Bassi hanno esportato carne suina per un valore di 620 milioni di dollari in Cina e la Danimarca ne ha inviati altri 550 milioni. Qualsiasi riduzione della domanda cinese potrebbe avere un impatto grave sulle industrie suine di questi paesi, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro ed economie locali.
Ora vediamo un altro aspetto: la Cina potrebbe diversificare. Ad esempio se limitasse le importazioni dall'UE, i fornitori del Sud America, della Russia e degli Stati Uniti potrebbero guadagnare quote di mercato.
Gli Stati Uniti, ad esempio, sono già in crescita. Nelle vendite di sottoprodotti della macellazione dei suini, la quota Usa è salita al 28,4% dal 22,6% all'inizio del 2022. Come detto, nel 2024, l’importazione cinese di carne suina è diminuita di circa 146 milioni di dollari. Ma è aumentata l’importazione da un paese in particolare, la Russia.
Secondo i dati forniti dal Global Times a giugno la Cina ha quadruplicato l’import di carne suina dalla Russia rispetto a maggio. Insomma il messaggio è chiaro: la Cina può mettere in difficoltà il settore suino europeo, diversificare le sue fonti a cominciare dalla Russia (e sarebbe un altro aiuto economico per Mosca).
Ma non solo: secondo gli analisti, la strategia di Pechino potrebbe estendersi oltre la carne di maiale. I prossimi obiettivi potrebbero essere i latticini e il vino, colpendo importanti esportatori europei come Danimarca, Paesi Bassi, Germania e Francia (ricordiamo che un’analoga “indagine” è in corso sul cognac francese….)
Ora, abbiamo detto delle abitudini dei cinesi rispetto alla carne di maiale.
Intanto, il consumo di carne in Cina è aumentato costantemente dall'inizio degli anni ‘90. Nel 2021, i cinesi hanno consumato quasi 100 milioni di tonnellate di carne, il 27 percento del totale mondiale, il doppio del consumo totale degli Stati Uniti. Ma ancora oggi il consumo pro capite di carne di maiale in Cina è minore rispetto a quello dei paesi occidentali.
Oltre la metà dei consumatori cinesi mangia carne regolarmente, ma secondo un rapporto McKinsey del 2023, le abitudini alimentari cinesi stanno cambiando: se negli anni ‘90 la carne di maiale era un simbolo di agiatezza, oggi molti consumatori cinesi stanno diminuendo l’uso di carne suina, per lo più temendo ritorsioni sulla propria salute.
Scrive McKinsey che “Poco meno della metà dei consumatori cinesi rientra nella categoria di "consumatori consapevoli", ovvero persone impegnate a mangiare poca o nessuna carne. Molti consumatori consapevoli in Cina intendono ridurre ulteriormente il loro consumo di carne, anche se non nella stessa scala dei consumatori europei.
I consumatori consapevoli in Cina sono prevalentemente donne e appartengono alla generazione dei baby boomer. Il fatto che i baby boomer cinesi abbiano abbracciato il consumo consapevole non sorprende. Sono cresciuti mangiando una cucina tradizionale cinese ricca di proteine vegetali, in particolare tofu. Alla domanda sul perché limitino il consumo di carne, i consumatori cinesi consapevoli citano la salute personale, la varietà della dieta e il prezzo.
Insomma, i consumatori cinesi si stanno spostando su altre proteine in fatto di cibo, cominciando a preferire il pollame alla carne di maiale; la Cina sta diminuendo le importazioni probabilmente seguendo anche questo trend della propria popolazione; l’indagine sulla Ue, dunque, potrebbe rappresentare un ottimo strumento da parte di Pechino per fare pressione su Bruxelles, senza essere un boomerang per la propria economia e per i propri cittadini.
Vi segnalo altre due cose su import export
Le esportazioni dalla Corea del Sud alla Cina sono aumentate del 40%, soprattutto nel settore dei semiconduttori; i media cinesi sottolineano che questo avviene “contro le indicazioni degli Stati Uniti”. Ma siamo alle solite: le imposizioni politiche a parole sono sostenute, poi però bisogna dare risposte alle aziende che non vogliono perdere i propri mercati di riferimento e la Cina è uno dei mercati più importanti, specie per i paesi asiatici. Qui un articolo al riguardo (in cinese).
“Se vogliono costruire uno stabilimento in Michigan, in Ohio, in South Carolina, possono farlo, usando lavoratori americani, possono farlo”. La dichiarazione è di Trump e si riferisce alle auto elettriche cinesi. Insomma Trump dice, venite qui e fabbricatele qui (sotto testo: e vendetele a prezzi competitivi, non come quelle che fabbricate in Cina). Un importante cambio di passo di Trump al riguardo (considerando che le auto elettriche rientrano all’interno dei vari piani “globalisti” denunciati dalle reti di iper complottisti che fanno riferimento a Trump). Qui c’è l’articolo del Scmp (in inglese). Se vi interessano i complotti in generale vi suggerisco la newsletter di Leonardo Bianchi, Complotti!, appunto.
Il 3 settembre uscirà “2100, come sarà l’Asia come saremo noi” per Mondadori. Dopo ferragosto sarà possibile il pre order e vi svelerò la copertina. Il libro ha questo tema: come in Asia si discute e si risolvono problematiche di cui si discute anche da noi.
Asia: Malaysia e Internet
La Malaysia è uno dei pasi che più di tutti sta approfittando dello scontro tecnologico tra Cina e Stati Uniti. Ma come tanti paesi dell’Asia ha qualche problema con la libertà della rete. Di recente è tornato in auge il Printing Presses and Publications Act, una legge dell’era coloniale: se dovesse tornare valido si tratterebbe di una grave violazione delle libertà digitali della popolazione malaysiana.
Se dovesse passare, la decisione di tenere a freno Internet si applicherà ai social media con oltre 8 milioni di utenti (la popolazione totale in Malaysia è di quasi 34 milioni di abitanti), tra cui Facebook, Instagram, YouTube, TikTok, Telegram e X.
Si tratterebbe di un gesto piuttosto contraddittorio da parte del premier Anwar Ibrahim, perché uno dei suoi punti di forza nell’ultima campagna elettorale era proprio la volontà di non ripristinare questa legge (va detto che non sarebbe l’unica retromarcia di Anwar). Ma forse pesa anche la sua rivalità con l'ex premier Mahathir Mohamad (Anwar è sempre stato considerato il delfino di Mahatir, poi si è ribellato al suo mentore, finendo per ben due volte in carcere accusato di sodomia, finalmente alle ultime elezioni ha vinto, dopo una rincorsa durata decenni) che nel 1996 aveva concesso la libertà assoluta sulla rete. “Il Paese ha mantenuto questa decisione per 28 anni - ha scritto Asia Sentinel - nonostante i rimpianti espressi nel 2013 dall'ex premier, uno dei grandi autocrati dell'Asia, secondo cui la libertà di Internet ha rafforzato e reso possibili i partiti di opposizione. Evidentemente Anwar si è ricordato di questa frase del suo rivale.
Sulla Malaysia, anche per avere un quadro più generale della politica locale, fortemente contrassegnata da identità etniche, potete ascoltare questa puntata di Altri Orienti
La decisione di Mahathir di mantenere le informazioni libere “ha trasformato il paese in uno dei paesi con il maggior fermento su Internet in Asia, in particolare perché i media tradizionali sono di proprietà e strettamente controllati dal governo o dai partiti politici. “I malesi, compresi i politici, si sono rivolti a Facebook, Twitter e altre piattaforme, compresi i portali di notizie online scritti da giornalisti professionisti, per analizzare la politica, condividere storie dai media e chattare con gli amici. Già nel 2017, Internet era diventata la piattaforma principale per la discussione libera con altissimi tassi di penetrazione della banda larga”.
Asia: la lunga partita di Modi
Narendra Modi ha ottenuto un terzo mandato, ma senza la forza dirompente dei due precedenti successi elettorali. Nonostante questo Modi ha già cambiato il paese: sono stati dieci anni di grandi infrastrutture, di crescita (anche finanziaria) a cui però non è seguita una crescita del benessere della popolazione. E questo fatto ha inciso più che l’ideologia nelle ultime elezioni indiane. In ogni caso la sua è una partita lunga, da misurare sul tempo, data anche la sua longevità politica.
In un recente articolo su Foreign Policy, Salil Tripathi ha scritto che
Nessun altro primo ministro, dai tempi di Jawaharlal Nehru, ha vinto tre mandati consecutivi. E i successi di Modi vanno oltre il successo elettorale. Nell'ultimo decennio, ha cercato singolarmente di modificare l' idea nehruviana dell'India da una società eterogenea in cui persone di diverse religioni, lingue, etnie e caste vivevano insieme in relativa armonia, a una società radicata nel nazionalismo indù con una religione dominante, un insieme di regole, un leader e un'ideologia. Chi non lo gradisce può lasciare l'India, affermano i politici più rumorosi del suo Bharatiya Janata Party (BJP); chi si oppone potrebbe finire in prigione e le minoranze devono accettare e sopportare.
E ancora:
Da parte sua, Modi si è presentato come un sostenitore del libero mercato contrario al socialismo, sebbene abbia mantenuto, se non potenziato, i programmi di welfare preesistenti (tutti iniziati dal suo predecessore Singh, del Congress, ndr). Parla di una politica estera più muscolosa, ma ha mantenuto il tipo di neutralità nel perseguire gli interessi nazionali dell'India che un tempo esasperava l'Occidente. In patria, ha costruito l'immagine dell'India come una potenza in crescita, con altre nazioni in fila per accedere al suo grande mercato, aiutandole nella loro ricerca di "riduzione del rischio " dalla Cina. Ciò che completa il discorso di marketing dell'India è una vasta popolazione di giovani desiderosi di lavorare .Ma la disoccupazione è aumentata e la corruzione è continuata sotto il BJP, entrambi fattori che spiegano in parte l'inciampo di Modi. Tuttavia, nonostante il BJP abbia perso 63 seggi in Parlamento nelle elezioni di quest'anno, ha ancora più del doppio dei seggi del suo più vicino rivale, l'Indian National Congress.
E qundi, appunto, Modi pensa a un gioco molto lungo.
Sull’India di Modi, vi segnalo questo libro: How Long Can the Moon Be Caged?: Voices of Indian Political Prisoners
Asia: il nuovo segretario del partito comunista in Vietnam
To Lam, ex ministro della sicurezza, presidente della Repubblica e nominato segretario generale del partito comunista vietnamita ad interim, poco prima della morte di Nguyen Phu Trong, è stato confermato con il 100% dei voti, come segretario del Partito.
Ora si apre una partita politica importante, a cominciare da un fatto: se To Lam, 67 anni, manterrà sia la carica di presidente sia quella di segretario, cosa avvenuta per un periodo di tempo proprio con il suo predecessore, che decise però di non istituzionalizzare questa “doppia carica” per evitare accentramenti di potere.
Insomma, una vicenda tutta da scoprire e seguire.
- Qui la notizia della nomina di To Lam
- Qui lo scenario e il contesto politico
Link e altre storie notevoli
Un lungo articolo sul Quotidiano del Popolo (in cinese) a proposito di “mercato unico nazionale” di cui avevamo parlato qui.
Un articolo utile considerando che è partita la domanda: chi preferisce la Cina, che in questo caso significa il Pcc, tra Harris e Trump? C’è una risposta onesta: nessuno sa cosa la leadership cinese pensi davvero al riguardo. E c’è una risposta logica: per la Cina, Harris e Trump ormai pari sono, considerando che la sfida con gli Usa non cambierà a seconda del colore politico dell’inquilino alla Casa Bianca. Qui su Foreign Affairs, queste due risposte le trovate in forma extra large.
Tra l’altro una cosa segnalata nel pezzo: dal 1949, anno di fondazione della Repubblica popolare, a oggi cnegli Usa ci sono stati sette presidenti democratici e sette repubblicani. Ah nel pezzo c’è anche la famosa frase che Mao avrebbe detto a Nixon sui politici di destra :)Dal Bangladesh continuano a uscire atrocità sulla repressione del governo delle proteste. Tra le vittime - centinaia - ci sarebbero anche dei bambini.
Altro reportage da una delle scam city in Myanmar, al centro della guerra civile in corso.
Su questo fenomeno c’è una puntata (recente) di Altri Orienti
Bonus track: link olimpici
Per la prima volta nella storia una tennista cinese vince l’oro nel singolo femminile: nella notte di ieri i cinesi si sono sintonizzati per vedere l’impresa della nuova idola sportiva Zheng Qinwen. Qui The Paper (in cinese)
Alibaba main sponsor delle Olimpiadi parigine, un articolo di 36kr (in cinese)
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