Il più atteso
Tra il 15 e il 18 luglio si svolgerà il Terzo Plenum del Comitato centrale del Partito comunista cinese: quali sono le riforme attese per contrastare il rallentamento economico
Indice:
Cosa è un Plenum
La “chiamata” del Terzo e cosa ci si aspetta
Link vari e altre storie notevoli
Nella prossima puntata
Cosa è un Plenum
Ogni cinque anni si svolge il Congresso del Partito comunista cinese. Tra le varie decisioni del Congresso ci sono anche le nomine degli organi più importanti: il segretario generale, la commissione permanente del Politburo, il Politburo, il Comitato centrale.
Dalla sua nomina e durante i suoi cinque anni in carica, il Comitato centrale (composto da 205 membri effettivi e 171 alternati) procede a diversi incontri programmatici chiamati Plenum (ai quali partecipano tutti i membri del Comitato centrale, quindi leader nazionali e regionali e importanti funzionari con ruoli decisivi a livello politico, economico o militare).
Durante i cinque anni di mandato, gli incontri di questo tipo sono sette e di solito hanno un calendario abbastanza definito, ma capita anche che alcuni Plenum vangano posticipati (come il Terzo che inizierà a breve, così come il Terzo del 2018, ritardato perché nel secondo era stato eliminato il limite dei due mandati presidenziali) o che ce ne siano di straordinari (ad esempio nel 1989 a causa delle proteste e della difficile posizione del Partito).
Si sa poco di cosa accade “durante”: alcuni Plenum sono durati due giorni altri quattro. Le riunioni sono a porte chiuse e possono essere di due tipi: assemblee generali alle quali partecipa l'intero Comitato centrale e sessioni ad hoc di gruppi focalizzati su temi specifici.
Ogni Plenum, in teoria, ha un suo focus specifico, ma spesso c’è flessibilità, anche a seconda delle epoche attraversate dal summit. Di solito il primo, il secondo e il settimo Plenum non sono rilevanti politicamente (ad eccezione appunto del 2018, ma eravamo già nell’era di Xi, che durante il suo mandato ha modificato parecchie procedure “standard” che il Pcc aveva messo in piedi nel tempo). Il Quarto è solitamente sulle norme intra-partitiche. Il Quinto è quello nel quale si valuta il piano quinquennale e si discute del successivo. Il Sesto è spesso ricordato per decisioni di natura storico-politica, come quello del 1981 quando il Partito diede il suo giudizio storico sulla Rivoluzione culturale.
Il Terzo Plenum è solitamente quello più importante, perché è quello che potenzialmente può portare ai cambiamenti più rilevanti.
Ad esempio: durante il Terzo Plenum dell’11° Comitato Centrale del PCC, nel 1978, Deng Xiaoping lanciò le riforme e l’apertura del Paese, segnando un passaggio storico rilevantissimo. In queste settimane sono stati ricordati anche i terzi Plenum del 14° e del 16° Comitato Centrale del PCC, nel 1993 e nel 2003, perché entrambe le volte sono stati presentati piani per la realizzazione della cosiddetta “economia di mercato socialista” in Cina.
Insomma, il Terzo Plenum è stato storicamente importante e quest’anno, considerando le difficoltà dell’economia cinese, un po’ tutti aspettiamo risposte che consentano di capire - praticamente - cosa Pechino metterà in piedi per recuperare terreno a livello economico. Sono state dette tante parole, e le vedremo, ora aspettiamo tutti i fatti, che poi alla fine significa riforme.
La “chiamata” del Terzo e cosa ci si aspetta
Nell’annuncio delle date del Terzo Plenum (che potete trovare qui in cinese e qui in inglese) il Partito comunista ci ha fatto sapere che nel Plenum si discuterà “dell’ulteriore approfondimento globale delle riforme e dell’avanzamento della modernizzazione cinese”. Ovviamente, siamo all’interno di un documento ufficiale, quindi piuttosto scarno di informazioni precise: la “chiamata” risponde al generico tema dei Terzi Plenum, più una spruzzata di pensiero di Xi Jinping per una nuova era eccetera.
Per capire cosa aspettarsi, bisogna unire alcuni puntini e provare ad abbozzare: sappiamo tutti che si parlerà di economia (e finanza) e - come vedremo - di riforme, di imprese private, di tasse, di riforme della cittadinanza, forse, di prosperità comune, forse di pensioni, di IVA e ovviamente di “nuove forze produttive di qualità” . Sono tutti aspetti che nel tempo sono emersi come i settori nei quali l’economia cinese - e il sistema cinese - sembra avere maggiore bisogno di soluzioni, anche radicali. Sembra scaduto il termine della logica del “metterci una pezza”.
Il 12 dicembre del 2023, alla Conferenza sul lavoro economico centrale tenutasi a Pechino (qui trovate la versione in cinese), Xi Jinping ha detto questo:
“È necessario pianificare misure importanti per approfondire ulteriormente le riforme in modo completo e continuare a dare impulso allo sviluppo di alta qualità. È necessario implementare profondamente la riforma e migliorare le azioni delle imprese statali al fine di potenziare le funzioni principali e migliorare la competitività di base; promuovere lo sviluppo e la crescita delle imprese private e implementare una serie di misure in termini di accesso al mercato, equa applicazione della legge e protezione dei diritti; promuovere lo sviluppo della specializzazione e dell'innovazione nelle piccole e medie imprese; accelerare la costruzione di un mercato nazionale unificato e impegnarsi a eliminare varie forme di protezionismo locale e frammentazione del mercato; ridurre efficacemente i costi logistici per l'intera società. È necessario pianificare un nuovo ciclo di riforme del sistema fiscale e di tassazione e implementare la riforma del sistema finanziario”.
Ci sono già tutte le parole chiave, tutti i settori nei quali ci si aspetta risposte. C’è da notare una cosa: la trasformazione della quantità in qualità era già una necessità espressa ripetutamente da Hu Jintao (tra il 2002 e il 2012).
Questa constatazione ce ne porta un’altra. Sul Quotidiano del popolo di qualche giorno fa (il 27 giugno, qui trovate la versione cinese) leggiamo che i problemi sono ancora tanti, che lo sviluppo è diseguale e che “i divari nello sviluppo regionale urbano e rurale e i divari nella distribuzione del reddito dei residenti sono ancora molto rilevanti, e i conflitti sociali sono aumentati in modo significativo”.
I divari e la diseguaglianza erano esattamente i temi posti all’ordine del giorno dalla Nuova Sinistra negli anni di Hu Jintao (su cosa è la Nuova sinistra e che fine abbia fatto, guarda qui) e che avevano trovato anche ascolto.
Insomma, c’è un po’ la percezione che in questi anni di Xi Jinping, proprio il leader abbia cercato di intraprendere più un discorso ideologico, rafforzando ovunque il Partito e la sua presa, senza dedicarsi a questi problemi che ormai in Cina si registrano da decenni.
In generale dalla lettura di molti articoli apparsi su riviste e media cinesi, alcuni dei quali riportati anche in newsletter in inglese, emerge una specie di agenda che ha come principale scopo, riassumendo, quello di creare, rafforzare, espandere il socialismo di mercato “di alto livello”, basato su innovazione, civiltà ecologica e prosperità comune.
Ho tentato di riassumere così - mantenendo la dicitura “socialismo di mercato” perché è quella usata sempre - tutto quanto emerge, tra riforme auspicate e altre esplicitamene richieste e dall’alone ideologico dell’attuale Pcc: l’espressione “socialismo di mercato di alto livello” si trova in moltissimi articoli usciti di recente (anche nella “chiamata” ad esempio), così come viene spesso ripetuta la questione legata alla civiltà ecologica, che dovrebbe fare da sfondo a tutto.
Per quanto riguarda la “prosperità comune”, poi, è stata tirata fuori da molti osservatori, come Yao Yang, professore e direttore del China Center for Economic Research presso l'Università di Pechino (qui trovate la versione in cinese, qui quella in inglese) che ha scritto: “Il passo successivo è adeguare la struttura di distribuzione del reddito, migliorare il sistema di sicurezza sociale e promuovere uno sviluppo urbano e rurale integrato. Questi tre obiettivi si riducono a una cosa: perseguire la prosperità comune”.
In un passo successivo scrive che “Deng Xiaoping disse negli anni '80 che la Cina deve incoraggiare alcune persone a diventare benestanti per prime. La Nuova Era è diversa; l'obiettivo è raggiungere la prosperità comune”.
Vedremo. Entrando nel pratico, oggi tra le varie riforme di cui si parla insistentemente, ne ricordo tre:
- Regolarizzazione definitiva delle norme contro il protezionismo locale e a favore del mercato nazionale unificato (presente nella citazione di Xi). Ho trovato un accenno a questo tema da parte di Xi già nel 2013, in un suo articolo pubblicato da Qiushi, la rivista teorica del Partito, ma è un argomento davvero ricorrente dal 2022.
Ora, lo so che non è proprio una questione di quelle che fanno impazzire, ma dato che poi alla fine si rischia di pensare che dai Plenum escano solo parole, è bene sapere che invece poi le ricadute di molte decisioni saranno pratiche, cioè andranno a impattare sulla vita quotidiana della popolazione. Sono temi certamente poco “appeal”, ma sono anche quelli che danno l’idea, nel tempo, di quanto una determinata posizione politica cambia - o si adatta - al quadro economico generale. E di come cambia un paese e di come, quindi, un paese reagisce alle pressioni e alle possibilità internazionali.
Per capire meglio il tema del “protezionismo locale”, ricordiamo intanto una cosa: nel 1978 con l’inizio del periodo di “riforme e apertura”, la Cina ha decentrato i suoi “poteri amministrativi” in materia fiscale e ha iniziato a valutare le prestazioni dei funzionari locali sulla base della crescita del PIL e della riscossione delle tasse nella loro area di riferimento: tutto questo serviva a creare crescita dal basso verso l’alto, i funzionari locali erano invitati a diventare procacciatori di aziende. Più cresce il PIL locale, più fai carriera.
Ma così facendo i funzionari locali tendevano - e tendono ancora oggi - a favorire le aziende locali (anche a causa dei loro contributi fiscali più elevati). Su questo Xi Jinping ha già fatto alcune cose: ha mandato il suo team disciplinare a controllare una cosa precisa, ovvero ad assicurarsi che non ci sia - o nel caso, punirlo - il “protezionismo corruttivo”, perché i contatti tra funzionari locali e aziende locali producono corruzione. Ha poi innescato, attraverso il governo, tutta una serie di procedure per ridurre il debito immenso delle regioni (si parla di norme su nuove regole a questo proposito, che dovrebbero aiutare il “recupero” dello Stato).
Dal 2022 sono attivi “I Pareri” sulla creazione di un mercato unico nazionale che si sono mossi, ad oggi, su due direttive: da un lato si è proceduto al rafforzamento delle norme, come quelle anti-monopolio o sull'accesso al mercato contro il protezionismo, dall’altro si è spinto in reti digitali e logistiche per rafforzare la supply chain nazionale. E il 6 giugno 2024, il Consiglio di Stato ha pubblicato la versione finale dei regolamenti sulla revisione della concorrenza leale per “unificare l’ambiente nazionale” e fornire norme uguali a imprese di Stato e privati (con chiare indicazioni anche per le aziende straniere). Ovviamente su questo tema conterà molto la percezione delle aziende straniere, che non si misura solo attraverso le nuove norme, ma con una sensazione generale sul clima che si registra nel paese, insomma è frutto di una valutazione generale (che dipende anche dai mercati emergenti “intorno” alla Cina).
- La riforma o meno dell’hukou (una specie di cittadinanza che lega i diritti sociali al luogo di nascita). Nonostante l’urbanizzazione velocissima (oggi i residenti urbani sono più del 65% del totale), solo alla metà della popolazione è stato concesso lo status di hukou urbano (con la conseguente possibilità di usufruire di sanità, educazione per i figli, ecc, anche in una città che non sia il suo luogo di nascita). Per ovviare a problematiche che si riscontrano anche nel mercato del lavoro, un sistema unificato potrebbe favorire i lavoratori, ampliando la rete del welfare (magari attraverso nuovi meccanismi di redistribuzione) sperando di rinforzare il mercato interno (e quello delle case, per le quali sembrano in esame nuove misure fiscali).
- C’è poi chi suggerisce anche una “riforma” pro mercato e imprese private, con la dismissione delle aziende statale dai settori meno rilevanti, cioè da quelli non inerenti alla “sicurezza nazionale”. E in questo caso abbiamo un altro segnale, in teoria, per le aziende straniere a conferma che l’emorragia di investimenti stranieri negli ultimi anni è percepito come un problema urgente.
Di recente Li Qiang, il premier, è tornato a parlare della Cina come “opportunità” per gli investitori stranieri (lo riporta qui il Financial Times).
Lo stesso Xi Jinping, a San Francisco, dopo aver incontrato Biden, e poi anche a Pechino ha effettuato diversi incontri con varie comunità business internazionali. E come abbiamo visto nella sua citazione, si parla anche di “implementare una serie di misure in termini di accesso al mercato, equa applicazione della legge e protezione dei diritti”: dal Plenum ci si aspetta qualche segnale più forte di qualche parola al riguardo, in modo da convincere investitori stranieri ancora molto scettici (in qualche modo c’entra anche qui la prosperità comune, e non è detto sia un buon segnale per tanti…).
Sullo sfondo c’è anche la questione dei costi logistici della Cina (un tema che non viene quasi mai rilevato) e naturalmente gli aspetti legati alle “nuove forze produttive di qualità” di cui vorrei scrivere nella prossima newsletter.
Link vari e altre storie notevoli
Comincio con una novità personale: da un mese circa ho aperto un canale su Youtube. Ci trovate varie cose: ogni lunedì un video su tre notizie da tre paesi asiatici e poi varie cose di natura più teorica, storica, o video su cose che accadono in Asia e in Cina in particolare.
Qui la home page del canale (ne approfitto per ringraziare chi si è iscritto :)
Una storia abbastanza incredibile di Cina e media arabi: molto ben raccontata qui
La storia dei “Wolf Warriors”: come sono arrivati, come si sono estinti (se si sono estinti). Mi ha colpito molto il dato dell’iscrizione di massa a Twitter, all’epoca: qui
“La censura di Microsoft Bing in Cina è ancora "più estrema" di quella delle aziende cinesi”. La storia da Rest of the world (sempre sia lodato), qui
A margine del Plenum: sono stati espulsi due ex ministri della Difesa, mentre l’ex ministro degli esteri Qin Gang in teoria è ancora nel Comitato centrale. Dato che nel Plenum si ufficializzano anche alcune nomine, c’è da aspettarsi che venga espulso durante il Plenum.
Nella prossima puntata
Questa newsletter era nata due anni fa per seguire i lavori del Congresso del Pcc nel 2022: una volta finito il Congresso, avevo anche messo a dormire la newsletter.
Non è un impegno da poco, specie in mezzo a tutto il resto (che trovate sotto), ma complice il Plenum (e anche perché sono arrivate molte iscrizioni nuove negli ultimi mesi, grazie) cerco di riprendere in mano questa newsletter: la prossima arriverà dunque tra due settimane, proverò a indagare un po’ questa storia delle “nuove forze produttive di qualità” in relazione al mercato del lavoro cinese.
Di settimana in settimana arriveremo al Plenum, poi vediamo che cadenza potrà avere questa newsletter, alla prossima intanto.
Qui ci sono altri posti dove puoi trovarmi: io sono un giornalista, lavoro a Chora Media, conduco due podcast “Altri Orienti” e “Fuori da Qui”. Ho vissuto a lungo in Cina e Asia e provo a raccontare l'Asia e la Cina anche con i libri "(il mio ultimo libro si intitola Tecnocina (Add editore, 2023). E pure qui su Instagram.
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