Discorso
Ora che il Congresso è riunito a porte chiuse e in attesa che finisca, si analizza il discorso di apertura del segretario generale Xi Jinping. Mentre imperversano rumors e voci di ogni tipo.
Xi dice che (finalmente qualche rumors!)
Ed eccoci alla penultima newsletter: domani terminerà il Congresso, domenica sapremo i nomi dei funzionari che comporranno gli organi apicali del Partito comunista.
Nel frattempo, come ogni Congresso che si rispetti, non potevano mancare i rumors prima della sua conclusione. Quelli più importanti sono tre e coinvolgono due funzionari: Wang Huning e Li Qiang.
Partiamo con il primo di cui abbiamo parlato nella newsletter “Epica” (e che trovate anche nella prima puntata di Altri Orienti). Secondo il South China Morning Post per Wang Huning sarebbe pronta la presidenza dell’Assemblea nazionale popolare. Wang sarebbe dunque a capo del processo legislativo, un ruolo rilevante. Secondo il Scmp, “Wang è anche un esperto di relazioni internazionali e, se diventasse il presidente dell'Assemblea come previsto, potrebbe svolgere un ruolo determinante nel realizzare la grande strategia di Xi delineata nel suo rapporto a inizio Congresso”.
Il Scmp ritiene che Wang rimarrà tra i sette (o quanti saranno) del Comitato Permanente. Non la pensa così Asia Nikkei. Secondo la rivista giapponese:
Circolano voci secondo cui Wang Huning, consigliere politico chiave del presidente Xi Jinping e dei suoi predecessori, potrebbe dimettersi dal massimo organo decisionale del Partito Comunista al congresso nazionale che ha preso il via domenica.
Wang è visto come uno dei principali artefici della dura linea diplomatica del governo di Xi nei confronti dell'Occidente che ha portato Pechino in conflitto con gli Stati Uniti e l'Europa, una posizione per la quale ha catturato critiche all'interno del partito.
In qualità di alto funzionario al di fuori della fazione di Xi, tuttavia, gli è stato attribuito il merito di aver contribuito a mantenere l'equilibrio ai vertici e alcuni sostengono che abbia guidato il pensiero politico di Xi in una direzione più pragmatica. Se il presidente sostituirà Wang con qualcuno più vicino a lui, le tensioni potrebbero aumentare ulteriormente.
Che cosa avrebbe insospettito Asia Nikkei? Che Wang è stato nominato segretario del Congresso, un ruolo che di solito spetta a chi diventerà numero uno. Questa posizione di grande prestigio è stata letta però come un segnale di un suo eventuale abbandono del Comitato Permanente. Mi convince poco, ma vedremo.
Poi, in settimana, si sono rincorse le voci su Li Qiang, segretario del Partito di Shanghai, di cui - si dice - molti avrebbero voluto la testa dopo le proteste a Shanghai per la gestione del Covid che non ha proprio funzionato benissimo.
Li Qiang è un fedelissimo di Xi, che ha imposto il rinnovo del suo ruolo di segretario di Shanghai proprio dopo le proteste: qualcuno all’epoca ha fatto notare che questa scelta era propedeutica proprio a una nomina di Li nel Comitato Permanente (come accade quasi sempre ai segretari del Partito di Shanghai, fu così ad esempio anche per Xi).
Li Qiang aveva lavorato con Xi già nel Zhejiang e poi era anche stato segretario del Partito nel Jiangsu, posizione di grande potere ed ambitissima (la regione è una delle più ricche della Cina).
Secondo il Wall Street Journal Li Qiang sarebbe in lizza per entrare nel Comitato Permanente, il che indicherebbe un “cappotto” totale di Xi Jinping ai suoi eventuali, potenziali e misteriosi oppositori. Significherebbe prendersi tutto il banco e sarebbe anche un gesto molto spericolato, perché come è stato fatto notare romperebbe l’aura di “meritocrazia” con la quale i vertici del Partito dicono di scegliere i funzionari migliori.
Li Qiang sarebbe totalmente paracadutato al vertice del potere cinese per la sua fedeltà a Xi più che per meriti guadagnati sul campo. O Xi è sicuro che nessuno batterà ciglio, o nel caso davvero Li Qiang dovesse finire nel Comitato Permanente, potrebbe essere una mina pronta a esplodere.
South China Morning Post su Wang Huning
Il Wall Street Journal su Li Qiang (c’è il paywall)
Più lungo, più corto o uguale
Xi Jinping ha aperto il Congresso con un discorso di poco meno di due ore. Più corto, nell’esposizione, di quanto non fosse la versione originale consegnata alla stampa e diffusa on line.
Non è la prima volta che un segretario accorcia il discorso (lo aveva già fatto Jiang Zemin) ma naturalmente ci si è chiesto perché l’abbia fatto. C’è chi dice che tre ore e passa sarebbero state dure anche per lui, che abbia accorciato per non fare addormentare (in sostanza) i leader anziani presenti al Congresso. O che l’abbia fatto perché ormai ha in mano al Partito e non deve più stare lì a guadagnare consensi. O che l’abbia fatto, invece, perché sarebbe stato fatto un compromesso con “l’opposizione”. Supposizioni.
In ogni caso se prendiamo il discorso integrale di Xi ha la stessa lunghezza più o meno degli altri discorsi fatti da altri leader a inizio Congresso, come dimostrato da China Media Project, contando i caratteri.
1997 = 28.400
2002 = 28.180
2007 = 28.000
2012 = 29.101
2017 = 32.450
2022 = 31.600
Ora, vediamo che ha detto Xi Jinping
Nel suo discorso Xi Jinping ha scelto un profilo piuttosto sobrio senza grandi novità, ripetendo alcune delle sue principali chiavi di lettura del periodo e delle sue ricette politiche ed economiche.
Come ha sempre fatto ha dato grande peso all'unità del Partito, sovrastato da una forza ideologica che mancava da tempo e che secondo alcuni analisti dipende dall'esperienza vissuta dal giovane Xi durante la Rivoluzione culturale, con il padre epurato. Xi Zhongsun, poi riabilitato e passato alla storia nazionale come “riformatore”, avrebbe sempre sottolineato al figlio l'importanza dell'unità ideologica del Partito. Se aggiungiamo quella che secondo tutti è la vera ossessione di Xi, ovvero il crollo dell'Unione sovietica, ecco che che la sottolineatura costante circa la necessità di avere un Partito unito, forte e in grado di gestire anche i momenti difficili – specie quelli internazionali – assume una sua linearità.
La grande novità, pur essendo stata ampiamente anticipata dai documenti preparatori, è stata la forte rilevanza data da Xi nel suo discorso alla “sicurezza”. “Dobbiamo considerare la sicurezza delle persone come il nostro obiettivo finale, la sicurezza politica come il nostro compito fondamentale, la sicurezza economica come la nostra base, la sicurezza militare, tecnologica, culturale come pilastri importanti e la sicurezza internazionale come supporto”. La sicurezza nazionale diventa più importante della crescita economica.
Interessante anche il riferimento alla “prosperità comune” che era diventato nei mesi scorsi uno slogan molto utilizzato dal Partito per finire poi apparentemente abbandonato a causa di una situazione economica che non pare consentire grandi voli pindarici. Era stato addirittura il premier uscente Li Keqiang a parlare di difficoltà economiche: per alcuni media stranieri le parole di Li avrebbero anche criticato implicitamente la volontà redistributiva di Xi, considerata inadatta ai tempi in corso.
Xi Jinping invece ha affrontato il nodo della redistribuzione, ribadendo la necessità di porre un limite alle diseguaglianze aumentando i redditi delle fasce meno abbienti. Al di là dell'impeto “redistributivo” questa scelta avrebbe anche una radice determinata dalla situazione economica interna: tra chiusure e crisi internazionali il mercato interno si è inceppato più volte e questo intoppo costituisce un limite per la cosiddetta “doppia circolazione” (altro marchio di fabbrica di Xi che è tornato nel discorso di apertura), ovvero la necessità di rimanere un paese a vocazione esportatrice ma capace di sviluppare un solido mercato interno.
Aumentare i redditi significa favorire il mercato interno.
Ma potrebbe non bastare se le politiche Zero Covid continueranno e su questo Xi Jinping è stato piuttosto chiaro, rivendicando la vittoria nella “guerra” contro l'epidemia: un segnale che non lascia sperare in prossime riaperture da parte del paese.
Quello di Xi è stato un discorso patriottico mirato a fomentare i funzionari affinché proseguano nella narrazione corretta della storia cinese e della Cina di oggi, e dei suoi auspici in sede internazionale, cioè creare meccanismi win-win. A questo proposito va notato che sui media italiani è stata data molta enfasi alla questione Taiwan, riportando le parole di Xi secondo le quali l'opzione militare rimane valida.
Ma non si tratta di una novità, le stesse cose - Xi e in generale Pechino - le dicono da anni. Semmai Xi è stato moderato al riguardo non incendiando una situazione che è già di per sé tesa, ricordando come l'obiettivo primario resti l'unificazione pacifica e lanciando messaggi al partito di Taiwan considerato più vicino a Pechino, cioè il Guomindang.
Quello che manca nel discorso, rispetto al testo: ne ha scritto il South China Morning Post
Link sul discorso di Xi
Qui c’è l’articolo su China Files, qui c’è Filippo Fasulo su Ispi.
Poi: qui ci sono il New York Times, The Guardian, Reuters.
Qui tutto il testo in inglese.
Poi: quattro estratti dal discorso di Npr, “leggere tra le righe il discorso di Xi”, dell’Atlantic Council, che cosa ha detto Xi di Foreign Policy.
Un interessante articolo sul Washington Post a proposito di come “chiamare” Xi Jinping.
South China Morning Post su prosperità comune.
E il thread di Joseph Torigian
Focus
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