Nessun timore
Un articolo di Yan Xuetong sulla Cina e Trump: "Perché la Cina non ha paura di Trump". Le buzzword cinesi del 2024. Buone feste :)
Benvenute e benvenuti alla newsletter Il Partito: oggi sarà un’edizione più breve per motivi tecnico/logistici (sorry) e sarà anche l’ultima dell’anno (la newsletter tornerà il 4 gennaio).
Per questo ultimo appuntamento ho scelto un articolo di Yan Xuetong, professore emerito e presidente onorario dell'Istituto di relazioni internazionali dell'Università di Tsinghua: è considerato uno dei più influenti tra gli esperti di relazioni internazionali in Cina e scrive su diverse testate estere.
Di recente ha scritto un articolo per Foreign Affairs, sul rapporto tra Cina e Trump nel quale dice una cosa sulla quale sono totalmente d’accordo e che ripeto da anni: lo scontro tra Cina e Usa, tanto più con Trump, sarà sulla tecnologia e non sul piano ideologico.
Yan specifica subito che “Pechino non crede che l'esito delle elezioni presidenziali del 2024 negli Stati Uniti abbia molta influenza sulla traiettoria complessiva della politica statunitense nei confronti della Cina”. Come ormai sappiamo, il prossimo presidente degli Stati Uniti, anche se fosse stato democratico, “sarà sostenuto da un consenso bipartisan che percepisce la Cina come una minaccia al predominio globale degli Stati Uniti e continuerà a cercare di contenerla. Naturalmente, non tutto rimarrà uguale da un'amministrazione all'altra”.
In generale la tesi di Yan è questa: la Cina deve occuparsi di economia interna e Trump pure (“la politica estera può spesso giocare un ruolo secondario rispetto alla politica interna”); lo scontro sarà commerciale e non ideologico (“Chi prevede una guerra fredda sempre più oscura tra la Cina e gli Stati Uniti di Trump si sbaglia. La competizione degli Stati Uniti con la Cina non riguarda l'ideologia, come è successo con l'Unione Sovietica, ma la tecnologia”; ci sono in ogni caso esempi di possibile cooperazione; la Cina risponderà colpo su colpo da un punto di vista commerciale.
Di seguito alcuni estratti.
I leader cinesi non guardano a Trump con timore. Hanno imparato molto dal suo primo mandato. La sua propensione al protezionismo economico porterà a ulteriori dispute e crescenti tensioni, ma Pechino ritiene di poter gestire tali confronti. Inoltre, il dubbio impegno di Trump nei confronti degli alleati degli Stati Uniti incoraggerà altri paesi a coprirsi le spalle, costruendo legami con Pechino per compensare l'imprevedibilità di Washington. Anche la probabilità di scontri militari con gli Stati Uniti è bassa. Poiché la politica estera di Trump non ha mai mostrato profondi impegni ideologici, sembra improbabile che la competizione tra i due paesi assumerà le dimensioni più distruttive della Guerra Fredda. Trump non vuole essere coinvolto in guerre e preferirebbe concentrarsi sulle riforme interne. Arriva alla Casa Bianca con l'intenzione di contenere la Cina, ma i leader cinesi non temono il suo ritorno.
Da quando Trump è entrato in carica otto anni fa, Pechino è diventata più abile nel gestire la sua competizione con Washington. Si può dire che questa competizione sia iniziata sul serio nel 2010, quando il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha intrapreso il "pivot to Asia". Negli anni successivi, Pechino ha navigato tra le diverse strategie delle amministrazioni Obama, Trump e Biden; Obama e Biden hanno cercato di contenere la Cina attraverso approcci multilaterali, mentre Trump ha intrapreso una strada più unilaterale. Con questa esperienza, i leader cinesi non sono turbati dalla prospettiva di un altro mandato di Trump e hanno persino rilasciato pubblicamente linee guida strategiche su come gestire le potenziali politiche del presidente eletto nei confronti della Cina a novembre. Pechino, secondo il documento pubblicato dal consolato generale cinese a Los Angeles il 17 novembre, aderirà all'"impegno per il rispetto reciproco, la coesistenza pacifica e la cooperazione win-win come principi per la gestione delle relazioni Cina-USA".
Cosa significano: "Rispetto reciproco" suggerisce che la Cina reagirà a qualsiasi azione provocatoria intrapresa da Trump; “coesistenza pacifica” significa che la Cina cercherà di coinvolgere Trump nel dialogo sulla gestione delle differenze e dei conflitti per stabilizzare le relazioni bilaterali; e “cooperazione win-win” si riferisce al lavoro congiunto su quelle questioni globali in cui Cina e Stati Uniti hanno interessi comuni, come porre fine alla guerra in Ucraina, sviluppare regolamenti e linee guida per l’intelligenza artificiale e frenare il flusso di droghe illecite.
Trump cercherà anche di evitare un conflitto palese con la Cina, nonostante la sua stridente retorica. La questione dell'indipendenza di Taiwan è stata e rimarrà una fonte di attrito tra Pechino e Washington, ma è improbabile che Cina e Stati Uniti si facciano la guerra per questo. Nei prossimi quattro anni, l'attenzione di Pechino sarà significativamente occupata dal compito di rilanciare l'economia in rallentamento del paese. La Cina non è intenzionata a stilare un calendario per la riunificazione con Taiwan quando è preoccupata principalmente della crescita del proprio PIL. Da parte sua, Trump vuole passare alla storia come uno dei più grandi presidenti degli Stati Uniti, alla pari di personaggi del calibro di George Washington e Abraham Lincoln. A tal fine, si concentrerà sulle riforme interne e sulla costruzione di un'economia forte in patria. Non vorrà rimanere invischiato nella questione di Taiwan e rischiare di entrare in una guerra tra grandi potenze: dopotutto, è molto orgoglioso di non aver iniziato una sola guerra durante il suo primo mandato
(L’articolo completo lo trovate su Foreign Affairs)
Le parole dell’anno
Per chi vuole divertirsi e imparare un po’ di espressioni utilizzate a nastro sul web cinese, diversi siti e magazine hanno presentato elenchi di ogni tipo. Qui c’è una selezione: su Real Time Mandarin (xx!)
Regalo dell’ultimo minuto?
:)
Intanto grazie a chi già l’ha letto o regalato. A 4 mesi dalla sua pubblicazione alcune parti hanno anche trovato molto spazio, di recente, sui media internazionali (Corea del Sud, ad esempio, ma anche Malaysia, Singapore e tanti altri paesi di cui si occupa il libro).
Lo potete trovare ovunque (in libreria e on line) e per chi ne sentisse parlare per la prima volta qui c’è la scheda del libro: Carne coltivata e cocktail di meduse, Big Data e intelligenza artificiale, aziende milionarie e sorveglianza, chirurgia da remoto e chip neurali, leggi anti fake news e deepfake. L’Asia è ormai una potenza demografica, economica, culturale e militare, che cresce a un ritmo serrato e dove ciò che accade spesso è soltanto un’anticipazione di quel che accadrà nelle nostre società occidentali. D’altronde, osserva Simone Pieranni, oggi in Asia si stanno discutendo, affrontando, e in alcuni casi risolvendo, temi e problemi di cui da tempo si dibatte anche da noi. Cosa mangeremo in futuro? Come garantiremo sostenibilità e vivibilità alle nostre città? In che modo si evolvono i diritti e le idee sulla famiglia, o in che modo quei diritti svaniscono, vacillano o vengono eliminati? E ancora: in che direzione si muovono il lavoro, l’informazione, l’intelligenza artificiale? Sullo sfondo, poi, la questione del cambiamento climatico, all’ordine del giorno a livello mondiale ma che in Asia, in particolare, è una priorità. Non è detto che il futuro asiatico debba essere il nostro, anzi. Ma superare quella «visione ferma nel tempo» che l’Occidente ha nei confronti dell’Asia, e che spesso distingue poco tra paese e paese, è un passo necessario. Spaziando dall’ordinata Singapore al Myanmar dei militari e alla Malaysia, dal Vietnam in pieno boom alla Cambogia, dalla Cina all’India al Giappone, e ancora, tra gli altri paesi, alle Filippine, a Taiwan e alle due Coree, Pieranni offre dunque uno sguardo approfondito su un continente che, tra conflitti sociali, novità tecnologiche e tendenze culturali, ci aiuta a immaginare il futuro che ci aspetta. Per trarne esempi, spunti, soluzioni. O semplicemente evitare di ripeterne gli errori.
Vi segnalo infine l’ultimo episodio di Altri Orienti
E la prima puntata di Zoom Cina, ogni lunedì 5 minuti sulla Cina: uscirà anche durante tutte le feste (domani, il 30, il 6 gennaio e ogni lunedì), mentre AO si ferma fino al 10 gennaio.
Buone feste a presto <3
Io sono un giornalista, lavoro a Chora Media, conduco due podcast “Altri Orienti” e “Fuori da Qui”. Ho vissuto a lungo in Cina e in Asia, dove ho fondato China Files. Provo a raccontare cosa succede in questi luoghi con la newsletter, con i libri, con dei video su Youtube. E pure qui su Instagram.
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