Corridoi, costellazioni, qbit
Nuovo corridoio per portare le potenzialità AI su tutto il territorio. Nuovi lanci per G60 Constellation, la "Starlink cinese". Le ambizioni quantistiche di Pechino.
Set-list:
Corridoi
La costellazione “G60”
Il sogno quantistico
Altre storie dalla Cina
Brics+ 2024
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Io sono un giornalista, lavoro a Chora Media, conduco due podcast “Altri Orienti” e “Fuori da Qui”. Ho vissuto a lungo in Cina e in Asia, dove ho fondato China Files. Provo a raccontare cosa succede in questi luoghi con la newsletter, con i libri, con dei video su Youtube. E pure qui su Instagram.
Corridoi tech
Tutti vogliono data center, fibre, satelliti, connessioni in grado di “distribuire” il più possibile tutto quanto serve per aumentare le potenzialità dell’Intelligenza artificiale.
Ora, oggi parliamo di Cina, ma il business dei data center nella iper-digitalizzata Asia sta letteralmente spopolando. Pechino come sempre si muove in grande. Prima è stato lanciato il “Corridoio G60”, nel 2016, e di recente ha presentato un progetto di “corridoio tech” capace di portare - semplifichiamo - le potenzialità dell’AI su tutto il territorio.
Partiamo da questo “corridoio” più recente. Cominciamo da una differenza rispetto agli Stati Uniti. Come ha notato il South China Morning Post l’approccio cinese per questo tipo di progetti è diverso rispetto a quello degli Stati Uniti:
Negli Stati Uniti, la maggior parte delle strutture informatiche basate sull'intelligenza artificiale è costruita nella Virginia settentrionale, un'area che vanta già il 70% dei data center del mondo.
Il corridoio cinese, lanciato all'inizio di questo mese, ha strutture distribuite su un'ampia regione, dalle aree costiere economicamente sviluppate fino al deserto occidentale del Gobi, dai confini settentrionali alla Siberia, arrivando persino al Tibet.
Insomma in Cina “Entro il 2030, questi centri saranno collegati da fibre ottiche ad alta velocità, formando una rete unificata. Anche in una città più piccola di circa 500.000 persone, una start-up sarà in grado di sfruttare un vicino enorme cluster di elaborazione di intelligenza artificiale con una latenza inferiore a tre millisecondi, più veloce della frequenza di aggiornamento dello schermo di uno smartphone”.
Yu Shiyang, direttore del Dipartimento per lo sviluppo dei Big Data presso il Centro di informazione statale della Cina, ha spiegato le motivazioni alla base di questa strategia.
La prima è l’equità: “la rivoluzione dell'intelligenza artificiale rischia di esacerbare la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi. La Virginia settentrionale è già una delle regioni più ricche d'America. Delle sette contee degli Stati Uniti con il reddito familiare più alto, quattro si trovano in questa zona”. La stessa zona dove giganti della tecnologia come Microsoft , Google e Meta hanno stabilito le loro basi”.
Anche la Cina deve fare i conti con uno squilibrio economico: le regioni orientali sono più ricche di quelle occidentali. Per questo secondo Yu “ottimizzare la distribuzione delle risorse informatiche, promuovere un layout bilanciato dell'industria digitale e coordinare lo sviluppo industriale est-ovest può sbloccare nuove opportunità di innovazione e crescita in vaste regioni come l'ovest e il nord-est”.
Il secondo motivo è l'efficienza. I data center consumano moltissimo. Secondo Yu il progetto cinese “è strettamente allineato con la sua rete di trasmissione ad altissima tensione. Ciò garantisce un'abbondante fornitura di energia, compresa l'energia eolica e solare proveniente dal deserto del Gobi e da altri deserti”.
Secondo Yu inoltre, “la Cina ha scelto le regioni occidentali come entroterra strategico per il suo corridoio di potenza di calcolo. Costruire data center in regioni strategicamente profonde come Guizhou, Xinjiang e Tibet, che sono remote e lontane dai centri economici, riduce i rischi per la sicurezza geopolitica e aumenta la resilienza e la resistenza al rischio in situazioni estreme”.
Ora, tornando al progetto originario G60. Intanto, nelle intenzioni della dirigenza cinese - dovrebbe istituire “un meccanismo per affrontare il problema dello sviluppo industriale omogeneo nelle regioni adiacenti, rendere più efficiente l'utilizzo delle risorse regionali, stimolare lo sviluppo industriale collaborativo e promuovere l'integrazione delle filiere industriali tra le regioni”. C’è un “corridoio” già attivo nella zona di Shanghai per capirci. Ma ci sono anche “corridori nel cielo”, cioè la cosiddetta “Starlink cinese” o anche G60 Constellation.
La G60 Constellation
Il 16 ottobre la Cina ha lanciato un secondo gruppo di satelliti per la sua costellazione “G60”. Lo scopo è rivaleggiare con Starlink di SpaceX. Il progetto prevede il lancio complessivo di 12mila satelliti (alcuni siti dicono 13mila, altri 14mila), ma ci sono dubbi che possa arrivare entro quest’anno ai risultati prestabiliti.
(Tra l’altro, questo accade proprio mentre indiscrezioni raccontato di conversazioni tra Putin e Musk, con il leader russo che perora la causa del suo “amico” Xi Jinping, contrario a una Starlink di Musk in grado di aiutare Taiwan di fronte a una eventuale manovra di accerchiamento cinese).
I primi diciotti satelliti erano stati lanciati ad agosto. La genesi del progetto è stata raccontata molto bene da Emilio Cozzi sul sito di Space Economy Institute.
Il 6 agosto, alle 11:42 locali, il razzo Lunga Marcia 6A è decollato dal centro spaziale di Taiyuan e ha consegnato 18 satelliti di quella che, nell’imminente futuro, diventerà una mega costellazione di antenne: anche indicata come G60, si chiama Qianfan traducibile come “migliaia di vele”, per la precisione 14 migliaia, almeno secondo i piani. Di fronte agli sforzi occidentali, la Cina non poteva stare a guardare. E a dire il vero le costellazioni per un servizio internet dall’orbita bassa in progettazione sono due. A esordire per prima è quella realizzata dalla Shanghai Spacecom Satellite Technology (Ssst), detta anche “Spacesail Constellation” (“Costellazione di vele spaziali”). Gli apparati decollati il 6 agosto costituiscono il batch inaugurale della prima generazione dei satelliti “spacesail” che, per citare l’agenzia stampa cinese Xinhua, “fornirà agli utenti globali servizi internet a banda larga ultra affidabili con bassa latenza e alta velocità”.
Il primo satellite G60 è uscito a dicembre 2023 dalla catena di montaggio di Gesi Aerospace Technology, nel distretto di Songjiang. Il programma è il frutto di un investimento del governo di Shanghai, insieme con l’Accademia delle Scienze cinese, in un distretto, quello del delta dello Yangtze, che punta a diventare il fulcro della tecnologia extra-atmosferica del Paese, con la produzione di satelliti, lanciatori, servizi e infrastrutture. Secondo le notizie diffuse in occasione della presentazione al pubblico della nuova fabbrica, nel corso del 2024 è previsto il lancio di 108 satelliti; una volta a regime, l’impianto sarà in grado di produrne trecento all’anno. È un inizio, ma per tenere testa a Starlink potrebbe non bastare.
L’ultimo lancio di ottobre ha suscitato nuova attenzione sul progetto cinese: considerata la capacità limitata dell'orbita terrestre e il vantaggio di Starlink, che è stata la prima a muoversi (ha iniziato i lanci nel 2019 e ha già inviato in orbita più di 7.000 satelliti), le aziende spaziali cinesi stanno correndo per recuperare terreno. StarNet, un'altra azienda cinese, prevede di costruire una costellazione di circa 13.000 satelliti, di cui il 10% verrà lanciato entro il 2030 e 1.800 verranno inviati in orbita ogni anno da quella data.
Sogni quantistici
La Cina sta portando avanti anche importanti sogni quantistici, ma in settimana è arrivato un ammonimento da parte di un esperto dell’Accademia cinese delle scienze. Se è vero che la Cina sta attirando molto talenti nel campo hi-tech, è anche vero che il processo di innovazione non può rischiare di fermarsi nei campi più avanzati, dove storicamente la ricerca e lo sviluppo cinese sono stati fondamentali per arrivare poi a risultati pratici.
Nel corso di un discorso pronunciato nei giorni scorsi, Yu Dapeng, dell'Accademia cinese delle scienze, ha affermato che la mancanza di innovazione sta ostacolando lo sviluppo dell'informatica quantistica in Cina, nonostante gli ingenti finanziamenti pubblici investiti in questo settore di importanza strategica.
La mancanza di innovazione ha due cause principali: la scarsa attenzione rivolta allo sviluppo dei talenti e la frenesia nei campi della ricerca che portano al nei juan, o involuzione”. Qui l’articolo in cinese.
Si parla molto anche di “quantum computer” e di autosufficienza nella costruzioni dei computer, considerando anche la delicata situazione geopolitica caratterizzata da un duro scontro tecnologico con gli Stati Uniti. A questo proposito a inizio ottobre, Origin Quantum, una società di ricerca con sede a Hefei, capoluogo della provincia orientale di Anhui, ha mantenuto il suo chip di calcolo quantistico a 72 qubit in "funzionamento stabile" sul suo computer quantistico superconduttore Origin Wukong per nove mesi”. Stando ai media nazionali, il laboratorio dell'azienda starebbe ampliando la sua linea di produzione di chip, con l'obiettivo di fornire una nuova generazione di chip quantistici con prestazioni migliori, qubit più elevati e maggiore stabilità.
A proposito di super computer, anche in questo caso la storia tech cinese è piena di sorprese. “ inizia tempo fa: nel 2013 Xi Jinping si congratula con il team di oltre cento scienziati che ha prodotto il Tianhe-2, all’epoca il supercomputer più veloce del mondo. Xi Jinping ha sempre prestato molta attenzione all’ideologia, a sistematizzare il suo pensiero e a creare un nuovo sentimento di appartenenza al Pcc che si identifichi sempre di più con tutta la nazione cinese, ma fin da subito ha dato un’attenzione particolare alla tecnologia e ai suoi sviluppi. In questo senso si pone sull’onda della tradizione, dato che tutti i leader cinesi hanno sempre visto nello sviluppo tecnologico uno strumento di crescita economica e di legittimazione per il Partito.
Tianhe-2 è un grande successo, ma nel giugno del 2016 tutti i quotidiani del mondo parlano di un altro supercomputer cinese, il Sunway TaihuLight (il nome dell’azienda in cinese è Shenwei, letteralmente “il potere degli dèi” e il nome del computer in cinese, Taihu zhiguang, significa “luce sul lago Tai”), che proprio in quell’anno e in quel mese è il numero uno della classifica internazionale dei computer ad alte prestazioni.
Questo è l’inizio di un capitolo di Tecnocina, che trovate qui su Il Tascabile.
Altre storie dalla Cina
C’è stato l’incontro annuale dei Brics+ a Kazan: qui un commento in cinese.
Sempre sui Brics+ e un eventuale moneta unica: “Proprio quando si è conclusa l’era unipolare durata 30 anni negli Stati Uniti, l’era dell’egemonia del dollaro sta per volgere al termine”. Comincia così un commento interessante di Bao Shaoshan, ex consigliere dell’ex premier australiano Kevin Rudd (che parlava cinese, tra le altre cose). Bao ha anche scritto che “Attualmente, i paesi di tutto il mondo utilizzano sempre più le loro valute nazionali per i conti commerciali transfrontalieri e emettono sempre più crediti in valuta locale per finanziare lo sviluppo e promuovere la formazione di capitale. La percentuale di dollari USA nelle riserve valutarie delle banche centrali sta gradualmente diminuendo, il che riflette alcuni potenziali cambiamenti nelle dinamiche dello sviluppo economico globale”. Qui il commento in cinese.
Accordo sul pattugliamento del confine conteso e bilaterale: Modi e Xi Jinping si sono incontrati a Kaza. Il commento dell’Economist, in inglese. Sempre sul tema The Diplomat prova a spiegare come l’accordo è stato preso dai cinesi (spoiler: non si fidano). Qui l’articolo in inglese.
Brics+ 2024
A Kazan c’è stato il primo incontro dei Brics allargati. Sul tavolo tanti temi: nuovi ingressi, istituzioni finanziare, valuta comune. Sul summit ha pesato l’agenda russa, ma ci sono stati significativi momenti come l’incontro tra Xi e Modi. In generale i Brics suscitano due ragionamenti: la loro rilevanza demografica ed economica è ormai superiore a quella del G7; permangono però problematiche politiche considerando i diversi obiettivi dei paesi all’interno del blocco, nonché storiche diffidenze e posture geopolitiche differenti.
Sul summit a Kazan potete ascoltare l’ultima puntata di Altri Orienti.
Poi vi segnalo alcuni articoli al riguardo:
“In una dichiarazione successiva al summit Brics di tre giorni tenutosi questa settimana a Kazan, in Russia, un appello per la fine delle "sanzioni illegali" contro i membri Russia e Iran ha fatto notizia. Ma nascosto in modo poco appariscente nel documento c'era un piano per stabilire uno scambio di grano all'interno dei Brics”. Interessante e fondamentale prospettiva di Nikkei Asia Review secondo il quale i Brics avrebbero l’obiettivo di stabilire un sistema per fissare i prezzi delle materie prime che possa competere con il Chicago Board of Trade, il punto di riferimento internazionale per i futures sui cereali.
I Brics, ha scritto il magazine, “godono di un vantaggio quando si tratta di prodotti agricoli. La Russia è stata il principale esportatore di grano nel 2022 e nel 2023, spostando circa 49 milioni di tonnellate in quegli anni. L'Unione Europea è lontana, al secondo posto. Il Brasile è il principale esportatore di soia e mais.
Poi vi segnalo un pezzo importante di Foreign Affairs, di Alexander Gabuev and Oliver Stuenkel. L’articolo è stato scritto prima dell’incontro ma ha delineato alcuni aspetti rilevanti.
Nonostante il suo fascino, il club deve fare i conti con una frattura interna. Alcuni dei suoi membri, primi tra tutti Cina e Russia, vogliono posizionare il raggruppamento contro l'Occidente e l'ordine globale creato dagli Stati Uniti. L'aggiunta dell'Iran, un avversario degli Stati Uniti, non fa che rafforzare la sensazione che il gruppo si stia ora schierando da una parte in una battaglia geopolitica più ampia. Altri membri, in particolare Brasile e India, non condividono questa ambizione. Invece, vogliono usare i BRICS per democratizzare e incoraggiare la riforma dell'ordine esistente, aiutando a guidare il mondo dall'unipolarità sbiadita dell'era post-Guerra fredda a una multipolarità più genuina in cui i paesi possono orientarsi tra blocchi guidati dagli Stati Uniti e dalla Cina. Questa battaglia tra stati anti-occidentali e stati non allineati plasmerà il futuro dei BRICS, con importanti conseguenze per l'ordine globale stesso.
Qui l’articolo in inglese
Prima di salutarvi, volevo ringraziare chi ha già comprato, letto e mi ha mandato messaggi su 2100 Come sarà l’Asia come saremo noi, uscito a settembre per Mondadori. Grazie davvero, intanto, sono stati - per ora - due mesi (dall’uscita) super intensi con grandi soddisfazioni.
A questo link trovate la puntata di Quante Storie su Rai3 dove ho parlato del libro.
Presenterò 2100 nei prossimi giorni a: Bologna, domenica 28 ottobre,
Valdagno (Vicenza) lunedì 29 ottobre, Treviso martedì 30 ottobre, alla Bicocca on line (sul mio account IG trovate tutte le info).
Potete comprarlo in tutte le librerie e anche on line <3
A domenica prossima!
Per chi si fosse iscritto di recente, qui ci sono gli archivi
Grazie, solo una cosa: se parli di quest’anno, domenica 27 ottobre, lunedì 28, martedì 29